Il caso Ghosn in Giappone: ingiustizia o normale procedura?

Carlos Ghosn si trova ancora in prigione e qualche giorno fa ha nuovamente chiesto di essere scarcerato su cauzione, dopo il rigetto delle sue precedenti richieste.

Nella domanda di scarcerazione il manager francese ha espresso la volontà di voler consegnare i suoi passaporti e di non voler lasciare il Giappone, di non avere contatti con persone esterne, di pagare di tasca propria guardie di sicurezza e di indossare un braccialetto elettronico per monitorare i suoi movimenti.

Ripercorriamo brevemente il caso Ghosn

Carlos Ghosn, brillante manager del settore automobilistico, è il CEO di Renault, ex capo di Nissan, si trova in prigione (in attesa delle conclusioni delle indagini e di un processo a suo carico) da circa due mesi con l’accusa di frode fiscale, per aver sottratto e intascato milioni di dollari provenienti dall’azienda. Durante il periodo di fermo sono arrivate nuove accuse, nei tempi stabiliti dalla legge, che ne hanno prolungato la detenzione.

Ghosn si è sempre dichiarato innocente e ha chiesto diverse volte un trattamento più equo.

Il prolungato fermo e` comportamento giusto da parte delle Autorità?

Secondo l’opinione pubblica occidentale le Autorità giapponesi stanno gestendo il caso in maniera dura, forse eccessiva.

Ghosn ha subito diversi interrogatori senza poter essere sostenuto da nessun legale e impossibilitato a comunicare con l’esterno, inclusi i familiari, salvo rare eccezioni.

Le leggi giapponesi sono molto rigide in materia di carcerazione, e il comportamento tenuto dalle Autorità, in realtà, è abbastanza comune nel paese: una persona che è sospettata di un qualsiasi crimine, in Giappone, può infatti  essere detenuta in stato di fermo fino a ventitre giorni, e in tale periodo può essere sottoposta a interrogatori senza la presenza di un legale. Questo duro trattamento, che spesso pregiudica l’equilibrio psichico del detenuto, induce spesso il sospettato a fornire delle confessioni, anche se talvolta discutibili.

L’opinione pubblica giapponese, invece, pur giudicando questo sistema rigido, lo ritiene utile a dissuadere dal compiere crimini.

R.D.