Nasce “Nero”, il primo sakè 100% made in Italy. L’idea viene da tre piemontesi, il produttore di riso Aironi, la scuola barman Evho e il bar Affini.
In realtà, la bevanda ha ben poco del vero sakè giapponese: di colore nero, è ottenuta utilizzando il riso nero integrale e il processo di fermentazione si attiva per mezzo del lievito di birra. Inoltre, al posto dell’alcool puro utilizzato per il sakè c’è l’aggiunta di un infusione di erbe e spezie aromatiche (artemisia e achillea).
Nonostante il “Nero” sia lontano anni luce dalla vera bevanda tradizionale giapponese è pur sempre ottenuto dalla fermentazione del riso, che ne giustifica, in parte, l’appellativo.
Il sakè in Italia
In generale, in Italia, conosciamo ancora relativamente pochi tipi di cibi della cucina giapponese, spesso di qualità scadente, ma ancor meno diffuso è il sakè.
Sicuramente, con una campagna informativa più forte (gli italiani, in campo alimentare, restano nonostante tutto fortemente legati alla tradizione) il sakè troverebbe molti piu` estimatori.
Il sakè in Giappone
Si tratta della bevanda alcolica più diffusa in Giappone, protagonista di ogni tipo di occasione conviviale da gustare in famiglia o con i colleghi del lavoro.
Il sakè, letteralmente “bevanda alcolica”, si ottiene dall’unione dell’alcool etilico con il liquido ottenuto dalla fermentazione del riso.
Quello più conosciuto in Italia, ovvero il “vino da riso”, in Giappone prende il nome di “nihonshu”, mentre nel Kyushu troviamo lo “shochu” , prodotto utilizzando la canna da zucchero o la patata, e ad Okinawa il famoso “awamori” .
Servito a diverse temperature, in base alla stagione, il sakè, può raggiungere una gradazione che varia dai 15 ai 20 gradi.
R.D.