LE PMI GIAPPONESI E IL SISTEMA ECONOMICO LOCALE. INTERVISTA A MICHIO AOKI, PRESIDENTE DELLA ASIA PACIFIC MANAGEMENT CO., LTD

L’economia giapponese, così come quella italiana, è trainata da un tessuto imprenditoriale costituito al 96% da PMI, piccole e medie imprese.

Nel nostro paese, il 99,9% delle imprese sono PMI (ovvero con un numero di dipendenti inferiore a 250).

Inoltre, la quasi totalità (circa il 95%) è costituita da imprese con meno di 10 addetti. Il resto è formato da imprese che impiegano da 10 a 49 addetti (pari al 4,5%) mentre le imprese di taglia più grande rappresentano appena lo 0,5% del totale.

Abbiamo incontrato Michio Aoki, presidente della Asia Pacific Management Co., Ltd, società di consulenza per finanza, ricostituzione dell’equity e management delle PMI al quale abbiamo chiesto una panoramica sintetica sulla situazione in Giappone.

  • Buongiorno Dott. Aoki, prima di entrare nel vivo dell’intervista avrei piacere a chiederle una breve introduzione di se stesso e del suo business.

Innanzitutto devo riconoscere che se oggi mi trovo a fare questo lavoro è sicuramente merito dei diversi anni di esperienza che mi sono lasciato alle spalle, sia sui banchi che nel mondo del lavoro.

Ho studiato finanza all’Università e successivamente sono entrato in banca dove per sei anni ho potuto mettere in campo tutte le conoscenze acquisite durante il mio ciclo di studi.

Ho deciso poi di mettermi in proprio e di costituire la Asia Pacific Managent Co.,Ltd qui a Fukuoka.

In maniera più semplice possibile, oltre ad occuparmi di consulenza per finanza e management delle PMI, la mia attività consiste nel fornire alle imprese in stato di insolvenza e che dunque hanno difficoltà nell’ottenimento di nuovi prestiti bancari, metodi e strade percorribili per il ripristino dell’equity.

  • Dunque mi sta dicendo che così come in Italia, anche in Giappone la situazione generale delle piccole medie imprese, troppo piccole e inadeguate per accedere alla borsa valori, è di quasi totale dipendenza dal credito bancario…

Assolutamente sì.

Le aziende mie clienti si trovano quasi sempre in stato di insolvenza e spesso hanno già ricevuto diversi “no”. Il mio lavoro consiste proprio nel “convincere” banche e fondi di garanzia della fattibilità di determinate operazioni di credito. Per riuscire in questa missione, tutt’altro che semplice, spesso occorrono mesi di lavoro per ogni singola impresa e documenti del volume di centinaia di pagine che illustrano agli intermediari finanziari il piano di risanamento del debito.

  • In Italia la maggior parte delle PMI fa parte dell’industria agroalimentare, seconda solo a quella metalmeccanica. Questa rappresenta circa l’11% del PIL nazionale. In Giappone, l’industria agroalimentare rappresenta solamente circa l’1,1% del prodotto interno lordo ed i lavoratori nel settore sono al 4%. A quali settori dunque appartengono principalmente le PMI giapponesi?

In Giappone, il settore agroalimentare non è sicuramente uno di quelli che maggiormente traina l’economia. Le nostre PMI infatti appartengono per il 21,5% all’industria edile, per il 14,7% all’industria manifatturiera, per il 12,3% al comparto retail e per il 10,7% alla vendita all’ingrosso.

  • In Italia, per interfacciarsi con interlocutori di caratura e peso specifico maggiore, le PMI si organizzano in consorzi, cooperative, associazioni di categoria. Queste figure acquistano maggior potere sia politico che economico per portare avanti certi discorsi, troppo complessi da gestire per una singola piccola media impresa che da sola, spesso e volentieri non riesce ad ottenere la fiducia delle banche.

C’è un enorme problema legato all’asimmetria di informazione. La quantità e la qualità di informazioni che dovrebbero essere condivise tra istituti di credito (banche) e mutuatari (PMI) non è trasparente. Ti cito il caso dei conti fraudolenti, giusto per farti il primo esempio che mi viene in mente. È per questo motivo che il così chiamato “rischio di credito” è esistito ed esiste ancora nel mercato dei prestiti bancari.

Per ridurre il rischio di credito, le banche devono necessariamente monitorare i mutuatari ed uno dei metodi principali di monitoraggio è sicuramente quello del rating.

La situazione del mercato è un paradosso, in quanto le banche, per evitare il rischio di credito non dovrebbero concedere nuovi prestiti ma questo significherebbe dunque minimizzare i profitti. Si parla oggi infatti dell’“enorme problema del modello di business del sistema bancario”.

  • E per quanto riguarda cooperative ed associazioni di categoria?

Certo, esistono anche qui in Giappone ma sono quasi totalmente inutili.

Le associazioni di categoria hanno comunque un trasversale scopo di lucro, sul quale sono focalizzate e non prestano la dovuta attenzione alla tutela degli interessi delle PMI iscritte.

Hai usato prima il termine “interlocutori” ed in Giappone, queste non sono considerate interlocutori affidabili e trasparenti.

  • Parliamo ora di sistema bancario un po’ più in generale.

In Italia, abbiamo 4/5 grandi player internazionali (Intesa, UniCredit, etc.) e ad un livello più basso ci sono le popolari ed il credito cooperativo che seguono con maggiore attenzione le esigenze di famiglie ed imprese di piccole dimensioni. Riuscirebbe a sintetizzarci, in poche parole, organizzazione e funzionamento del sistema bancario giapponese?

Qui in Giappone abbiamo tante, tantissime, probabilmente troppe banche e tipologie di intermediari finanziari. Al livello più alto abbiamo le “mega bank” o “city bank” come per esempio Mitsubishi UFJ Bank, Mitsui Sumitomo Bank, Mizuho Bank, etc.

Al livello inferiore ci sono le “banche regionali”, chiamate anche “banche locali”. Ci sono 47 prefetture in Giappone ed ogni prefettura ha una o più “banche locali”. Inoltre, ogni prefettura ha le “banche locali di secondo livello” ed almeno un paio di organizzazioni come le “cooperative di credito” o le “associazioni di credito”.

Il numero di istituti finanziari in Giappone è forse troppo elevato ed il Ministero delle Finanze sta valutando ipotesi di riduzione e/o accorpamento.

A Marzo 2018 sono stati contati 1’524 istituti finanziari… senza contare le filiali!

Per esempio, la “city bank” Mitsubishi UFJ Bank ha ben 754 filiali. La Bank of Fukuoka, “banca locale” della prefettura nella quale ci troviamo, ne ha 170.

Il numero totale degli sportelli è dunque esageratamente elevato.

  • Prima di ringraziarla, voglio chiederle un parere sul trattato di libero scambio (“EPA”) tra UE e Giappone entrato in vigore lo scorso 1° Febbraio e che abbatterà progressivamente i dazi su importazioni ed esportazioni della quasi totalità delle categorie merceologiche.

Quali sono le tue impressioni? Sarà questo un accordo in grado di dare un nuovo importante slancio ai sistemi economici di Giappone ed Europa così come prospettato dalle autorità politiche?

Ne beneficeranno anche le PMI?

Ne beneficeranno soprattutto le PMI. Dobbiamo considerare l’EPA come un appuntamento storico, una “pietra miliare” nella storia dell’economia mondiale recente. L’accordo darà forma ad un mercato delle dimensioni di circa un terzo del PIL mondiale. Le PMI, che spesso hanno difficoltà ad accedere ai mercati internazionali avranno enormi vantaggi e costi minori.

Il problema rimane però quello dell’informazione. I media ed i giornali non ne parlano come invece dovrebbero e la maggior parte dei piccoli imprenditori non sa nemmeno di cosa stiamo parlando.

Occorre uno sforzo da parte delle autorità politiche, prima di tutto in questa direzione.

Io stesso sono molto entusiasta per questa grande ed importante novità e sono pronto ad entrare nel mercato con una mia nuova trading company targata Asia Pacific Management.

A cura di Edoardo Bresciani