GIAPPONE – Crisi demografica e invecchiamento, il paese affronta la sfida che riguarderà anche l’Italia (I).

A cura di Anna Nino per JIEF/DIRE.

Il Giappone è il paese con il tasso di anzianità più alto al mondo. Il motivo è racchiuso in tre fattori cruciali: un basso tasso di fecondità (che sta riducendo la popolazione continuamente da dieci anni a questa parte), una aspettativa di vita tra le più alte al mondo e una immigrazione quasi completamente assente.
Il paese sta cercando di avviare nuove politiche non solo per mettersi al riparo dalla crisi demografica, ma per tentare di sfruttare questa condizione a suo vantaggio, grazie a questa nuova categoria di “senior” che fino a poco tempo fa aveva un peso di scarso rilievo su scala globale.
Il Giappone in questo contesto svolge un ruolo molto importante, dato che sta indirettamente facendo da pilota ad una situazione sempre più generalizzata. Sono moltissimi, infatti, i paesi sviluppati (tra cui l’Italia) che stanno avendo a che fare con l’invecchiamento della popolazione.

Secondo il report annuale del 2019 pubblicato dal Ministero della salute, la popolazione totale è di 126,44 milioni di persone. Di queste, 35.58 milioni (il 28,1%) ha oltre 65 anni. Per fare un confronto, l’Italia, che segue subito il Giappone per tasso di anzianità, ha una percentuale di ultra 65enni del 21,8%. In Giappone, inoltre, la popolazione tra 65 e 74 anni è di 17.6 milioni (13.9% del totale), mentre quella oltre i 75 anni è di 17.98 milioni (il 14.2%). Si stima che entro il 2065 un giapponese ogni 2.6 milioni di persone avrà più di 65 anni, mentre uno ogni 3.9 milione ne avrà più di 75.

Di fronte a questi dati, chiare sono le conseguenze più immediate. Grazie ad un’altissima aspettativa di vita, i tassi di occupazione, divisi per età, dimostrano come siano aumentati i lavoratori ultra sessantacinquenni. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico allerta sul fatto che i disoccupati giapponesi che superano i 50 anni di età potranno arrivare al 59% della popolazione entro il 2050, e questo inciderà profondamente anche sul livello di produttività e competitività delle aziende, con riflessi drammatici sul PIL.
Da aggiungere alla problematica legata al lavoro quella della sanità: l’invecchiamento della società giapponese ha e avrà sempre più fortemente un peso non da trascurare sulle spese della sanità pubblica (la sesta più alta al mondo) e sul settore dell’assistenza a lungo termine.

Il report annuale commissionato dalla Dieta giapponese fornisce, poi, un quadro interessante e accurato riguardo lo stile di vita di questo range di popolazione. Ad esempio, più del 90% della popolazione over 65 dichiara di avere intenzione di vivere nella stessa area di residenza, principalmente per la maggiore sensazione di sicurezza che provano nello stare nello stesso posto o perché sono più vicini ai loro familiari. La maggior parte utilizza regolarmente l’auto, compresi gli individui ultra ottantenni.
Quando viene loro chiesto a che età pensano di dover avere bisogno di supporto, più dell’80% dei 60enni risponde che l’età più probabile è dai 70 anni. Chiedendo a chi ha tra più di 75 anni la maggior parte dice che avrà bisogno di supporto dopo gli 80 anni.
Da non trascurare è anche il numero, sempre più crescente, di volontari pensionati. Dagli anni 90, queste persone trovano nell’attività di volontariato un nuovo ‘ikigai’, un nuovo modo per arricchirsi personalmente dando un aiuto concreto alla comunità.