KUMAMOTO: TRA STORIA E PAESAGGI SUGGESTIVI

Durante il nostro soggiorno a Fukuoka abbiamo avuto la possibilità di trascorrere una giornata a Kumamoto, città che sorge a sud-ovest del Kyushu, facilmente raggiungibile con il treno o l’autobus. Circondata da splendide montagne tra le quali svetta il monte Aso, Kumamoto è diventata negli ultimi anni una meta turistica di grande attrattiva, grazie principalmente al suo famoso castello che, insieme a quelli di Himeji e Matsumoto, è considerato uno dei gioielli del Giappone.

Ed è proprio da lì che abbiamo cominciato la nostra visita.

kumamoto2015101Dopo aver preso un caratteristico tram dalla stazione ferroviaria, siamo arrivate di fronte all’enorme complesso del castello, costituito da altissime mura, un parco, ripide scale ed edifici che erano adibiti a diverse funzioni.
Fatto costruire circa 400 anni fa dal signore feudale Kiyomasa Kato, la fortificazione che si può ammirare oggi è in realtà una ricostruzione del 1960, visto che la maggior parte della struttura originale bruciò durante la ribellione di Satsuma del 1877.
kumamoto2015102Consigliamo di arrivare fino in cima alla torre centrale, alta circa 30 metri, nonostante i 6 piani di scale, poichè si può godere di una splendida vista del paesaggio circostante dai quattro punti cardinali. Ai vari piani sono poi esposte reliquie e altri oggetti della vita quotidiana delle diverse famiglie che si avvicendarono nel controllo della regione e che sono sopravvissuti all’incendio.

kumamoto2015103Un’altra particolare attrazione è la ricostruzione del palazzo Honmaru Goten, originariamente più ampio, che costituiva la vera e propria residenza dei signori del castello.
Riprodotto utilizzando gli stessi materiali e le tecniche originali, permette ai visitatori di ammirare le stanze opulente dove il signore riceveva i suoi ospiti, decorate a lamina d’oro, soffitti a cassettoni e paraventi dipinti.

kumamoto2015104Abbiamo poi raggiunto Sakuranokouji, riproduzione anche questa del quartiere di negozi e ristoranti tradizionali che occupava la zona attorno al castello nel passato. Vi si possono trovare numerosi cibi e souvenir tipici di Kumamoto, come la carne di cavallo o i teneri gadget legati al simpatico Kumamon, mascotte della città e ormai noto in tutto il Giappone.

Approfittando dello sconto sul biglietto d’ingresso, abbiamo poi deciso di visitare anche la Hosokawa Gyōbu–tei, ovvero la residenza settecentesca di un samurai, costruita da un membro secondario del clan Hosokawa, Lord Gyobu, e ingrandita nel corso dell’800.

kumamoto2015105All’interno abbiamo trovato una mostra di bonseki, la cui arte consiste nel ricreare, su vassoi solitamente laccati di nero ovali o rettangolari, giardini o paesaggi in miniatura utilizzando sabbia bianca e piccole rocce.

Gli strumenti solitamente utilizzati per ricreare tali panorami sono piume, piccole scope, setacci, cucchiai e ramoscelli; questa forma d’arte tuttavia è quasi sempre temporanea mentre se la si vuole rendere permanente si parlerà di Bonga, “pittura su vassoio”, o Suna-e, “pittura su sabbia”.

kumamoto2015106Popolare a metà del 1400 tra i membri dell’aristocrazia fino al Periodo Edo, in cui sorsero molte scuole Bonseki, con l’affermarsi del modernismo nel Periodo Meiji declinò rapidamente.

Camminando lentamente dentro questa antica dimora, per osservare al meglio un ambiente così diverso da quelli a cui siamo abituate, una maestra di bonseki ci ha coinvolte nel tentativo di comporre uno fra i tanti splendidi paesaggi giapponesi.

Non sembrava difficile quando era lei a mostrarci come procedere, ma metterlo in pratica è tutta un’altra cosa!

kumamoto2015107In fondo, come abbiamo in seguito scoperto grazie al gruppo Tokyo Kuyo-Kai, “l’importanza del Bonseki sta nel sentimento di pace e nella soddisfazione che deriva dalla creazione della scena Bonseki e non nel risultato del lavoro”.

Anche se non siamo potute rimanere per lo spettacolo di luci organizzato in occasione del festival del castello, questa giornata ci ha permesso di avvicinarci a un mondo, quello del Giappone tradizionale, che grazie anche alle persone del posto non avremmo avuto modo di conoscere altrimenti.

Bortolotti Eleonora e Bronzini Chiara