Gli abiti tradizionali sono uno degli aspetti più interessanti di una cultura, in grado più di molti altri di tramandarne la storia.
Dal momento che in Italia non possediamo, tranne eccezioni regionali o locali, un abito tradizionale diverso da quello che è il vestiario quotidiano, sono stata fin da subito attratta dai kimono, dalla loro estetica e dalla loro vestibilità così diversa da quella di un qualsiasi capo occidentale, non solo contemporaneo.
L’estetica del kimono, quella femminile quanto meno, si basa su una forma tubolare.
Le forme di fianchi e seno sono, infatti, nascoste il più possibile, mostrando un approccio ben diverso da quello della moda occidentale, che da sempre vede nella loro accentuazione la chiave della bellezza femminile. Inoltre, indossare un kimono non ha nulla a che vedere con l’indossare un qualsiasi altro abito, è un’esperienza ben più complessa. Da un lato a causa delle numerose parti necessarie per una vestizione corretta, dall’ altro a causa del peso e del materiale in cui esse sono fabbricate. Ho, infatti, scoperto a mie spese che la seta può essere molto pesante, e il broccato incredibilmente rigido.
Il materiale del kimono, il numero delle parti che compongono la vestizione e il suo livello di difficoltà dipendono dal tipo di kimono e dal suo grado di formalità: più formale è il kimono, più parti saranno necessarie e più complesso diventerà il procedimento per indossarle. Tenendo questo in considerazione, il primo step per chiunque voglia imparare l’arte del “Kitsuke” dovrebbe essere lo Yukata, kimono informale in cotone, e da lì procedere man mano verso le tipologie più formali.
Quella del kitsuke è un’arte tradizionale che, più di molte altre, viene considerata esclusivamente a portata dei giapponesi, non solo per i costi elevati, ma anche e soprattutto per un discorso etico, secondo il quale un’occidentale non avrebbe il “diritto” di indossare un kimono (idea molto più diffusa tra gli stessi occidentali che non tra i giapponesi). Imparare l’arte del kitsuke, alla stregua di tutte le altre arti, richiede dedizione e tempo e per quanto essa potrebbe apparire la più frivola e vuota delle arti tradizionali giapponesi, anche in essa sono presenti gesti e rituali che rendono la sua pratica un’esperienza anche mentale e sensoriale. Il mio consiglio, quindi, a chiunque fosse affascinato dai kimono, è di non lasciarsi intimidire dalle apparenze o dai giudizi altrui, non lasciarsi scoraggiare dalla difficoltà dell’impresa, e godersi semplicemente la bellezza di questo percorso.
A cura di Federica Pedersini