Avete mai pensato di sostituire il vino con un buon sake? Per la maggior parte degli italiani è una cosa impensabile, eppure si tratta della bevanda alcolica tradizionale piu’ diffusa in Giappone, protagonista di ogni occasione conviviale domestica e di lavoro.
Il sakè è una bevanda alcolica ottenuta dall’unione dell’acool etilico con il liquido ottenuto dalla fermentazione del riso.
La parola sakè significa semplicemente “bevanda alcolica” e, quindi, a seconda della regione assume diversi aspetti.
Quello che noi conosciamo come sakè, ovvero il “vino da riso”, viene chiamato in Giappone “nihonshu”, che significa “alcool giapponese”, mentre in Kyushu troviamo lo “shochu”, che viene prodotto con la canna da zucchero o con la patata. Ad Okinawa c’è il famoso “awamori”.
In generale, in Italia si conoscono pochi tipi di cibi della cucina giapponese, spesso di qualità scadente, ma ancor meno diffuso è il sakè: prodotto nelle numerosissime distillerie sparse per il Giappone ed in tantissime varietà diverse è l’orgoglio della comunità nipponica.
La sua gradazione alcolica varia dai 15 ai 20 gradi; viene utilizzato anche per la preparazione di specialità culinarie, e viene servito a diverse temperature, a seconda delle stagioni.
Sicuramente, con una campagna informativa più forte, e, diciamocelo pure, se noi italiani allargassimo le nostre vedute (che in campo alimetare restano molto legate alla tradizione) al di fuori delle nostre indiscusse specialità enogastronomiche, il sakè troverebbe anche qui non pochi estimatori.
Fonte: il Sole 24 Ore
(Alessio D.S.)