In base ad un’analisi governativa svolta nel 2014 da parte dell’agenzia stampa Kyodo News, risulta che di circa un milione di bambini nati quell’anno il 3,4% fosse figlio di unione mista. Nel 1990 la percentuale era del 1,7% e nel 1995 era 2,6%, e nei prossimi anni e` prevista un’ulteriore crescita.
Esistono anche famiglie in cui i genitori sono entrambi stranieri, ma che decidono di crescere il figlio in Giappone, per cui e` loro necessario un supporto linguistico in ambito sia sanitario sia scolastico.
Infatti, nelle case di questi bambini non sempre si parla la lingua giapponese, rendendo per loro piu` difficile l’apprendimento della lingua a scuola e quindi rendendo fondamentale la presenza di un aiuto esterno.
Non e` un caso che le percentuali piu` alte di hafu (ハーフ bambini nati da unioni miste) si trovino nella prefettura di Tokyo, in quanto molti stranieri vengono in Giappone come guest workers e poi rimangono qui.
Probabilmente facilitati dalla vicinanza geografica, il piu` grande numero di padri e madri stranieri e` di nazionalita` cinese. I padri sono seguiti in maggioranza dai coreani e poi dagli americani, mentre le madri dalle filippine e poi dalle coreane.
I governi locali stanno cercando soluzioni concrete per aiutare le famiglie miste: ad esempio, nella prefettura di Shizuoka sono stati creati dei corsi speciali per facilitare l`apprendimento della lingua nei bambini.
Tuttavia il problema e` piu` difficile da risolvere nelle aree meno urbane, dove la popolazione e` piu` ristretta e, come e` stato affermato da Kosei Sakuma, professore della Tokyo Women’s Christian University, anche Tokyo ha ampi margini di miglioramento.
Claudia Catalano