La riforma costituzionale che permetterà a chi ha compiuto 18 anni di votare entrerà ufficialmente in vigore il 10 luglio 2016 e riguarderà più di 2 milioni di giovani giapponesi.
La decisione era stata presa nel 2007 tramite un referendum costituzionale principalmente per due motivazioni.
La prima riguarda il fatto che dal 1945, quando l’età per aver diritto al voto era stata abbassata da 25 a 20 anni, erano ormai passati più di 60 anni e le condizioni socio-politiche del Giappone contemporaneo sono ben diverse rispetto a quelle in cui si trovava nel secondo dopoguerra.
In seconda istanza, diminuendo l’età di coloro che possono contribuire attivamente alla vita politica tramite il proprio voto si cerca di arginare anche uno dei problemi più pressanti del Paese, ovvero l’invecchiamento della popolazione, che comporta grandi costi in materia di pensioni e spese mediche lasciando, invece, poco spazio agli investimenti per l’educazione e la cura dei bambini.
A chi aveva mosso obiezioni sul fatto che ragazzi così giovani potessero effettivamente essere in grado di valutare e esprimere un giudizio su un mondo di cui poco conoscono, rispondono i dati: nel 90% degli altri Paesi l’età per il voto è già fissata a 18 anni.
Investirli di una responsabilità tanto importante dovrebbe, inoltre, motivare i giovani a cominciare a interessarsi fin da subito alle dinamiche politiche del proprio Paese facendo sì che questi diventino col tempo cittadini consapevoli.
Chiara Bronzini