Centrali nucleari in Giappone: storia recente e prospettive

  1. Nucleare di nuovo operativo in Giappone

 

Tutti noi siamo a conoscenza dei terribili fatti che avvennero nel marzo 2011 a Fukushima, citta` situata nell’isola di Honshu in Giappone. All’epoca il nucleare rappresentava una tra le principali fonti di energia del paese, coprendo circa il 30% del fabbisogno energetico nazionale. Il terremoto e il maremoto sconvolsero il paese causando incendi ed esplosioni nella centrale nucleare di Fukushima, con abbondante fuoriuscita di radiazioni disperse nel territorio circostante, che costrinse ad una evacuazione di oltre 160,000 persone nel raggio di 20 Km dalla centrale.

 

In seguito all’incidente il governo giapponese decise di rendere progressivamente inattivi i circa 50 reattori nucleari presenti nell’arcipelago per dar modo ai gestori di adottare misure di sicurezza più stringenti e controllare i reattori operativi.

Per la prima volta dopo il 1970 (quando vennero spenti solo per 5 giorni per manutenzione) il Giappone aveva cessato l’utilizzo del nucleare, e molti hanno auspicato si trattasse di una decisione definitiva. L’opinione pubblica, infatti, ancora scossa dall’evento tragico di Fukushima, continua tuttora ad essere contraria all’utilizzo di questa fonte di energia.

 

Nonostante il Giappone abbia sperimentato sulla propria pelle i devastanti danni causati dal nucleare con le bombe della seconda guerra mondiale, si e` deciso di colmare, fin dagli anni Sessanta, la carenza di risorse naturali proprio con la produzione di energia nucleare.

La crescita industriale del dopoguerra ha richiesto quantità sempre maggiori di combustibili fossili, importati dal Medio Oriente. Negli anni Settanta, per ridurre la dipendenza del paese rispetto alle fonti energetiche esterne, venne lanciato un programma di investimento proprio nel settore nucleare, (anche se il primo reattore era già operativo dal 1966).

Negli anni successivi, il ruolo giocato dall’energia nucleare è diventato sempre più essenziale e legato alla necessità di ridurre le emissioni di CO2.

 

Nel maggio 2012 anche l’ultimo reattore venne spento, lasciando il Giappone privo di energia nucleare.

I timori che le risorse energetiche non fossero sufficienti a soddisfare le necessità erano forti: il blackout che si annunciava come probabile non è mai avvenuto, ma le importazioni di combustibili fossili iniziarono ad aumentare enormemente, portando conseguenze negative per l7economia nazionale, tra cui l’aumento dei prezzi dell’energia per famiglie (+19%) e per le imprese (+29%) e alti costi d’inquinamento ambientale.

Dall’altro lato, i quattro anni di stop al nucleare hanno incentivato la spinta verso l’utilizzo delle fonti rinnovabili: grandi aziende, come il gigante dell’elettronica Kyocera, hanno iniziato ad investire sulle rinnovabili, eppure il governo e le grandi corporate attive nell’energia non hanno sostenuto il passaggio verso le fonti di energia alternative.

 

Il governo giapponese, ad oggi, sostiene una politica di progressiva riapertura delle centrali, considerate come l’unica soluzione ragionevole – con i mezzi tecnologici attuali – per adempiere agli obblighi stabiliti dal protocollo di Kyoto riguardanti le emissioni e garantire il supporto alla crescita economica del Giappone, in tempi di profonda crisi globale, mantenendo competitivi i prezzi in particolare per le aziende.

Il piano proposto dal premier Shinzo Abe ha l’obiettivo di rafforzare sempre di più il ruolo del nucleare in Giappone, puntando all’obiettivo di raggiungere il 20% del fabbisogno di energia per il 2030, che significa rendere nuovamente funzionali ed operativi 29 reattori.

Ricordiamo che, a partire dal disastro di Fukushima, ancora oggi il 70% dei giapponesi si dichiara contrario al nucleare, per cui i programmi del governo sono destinati a suscitare non pochi dissensi nell’opinione pubblica.


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  1. La centrale di Sendai a 50 Km dal vulcano attivo

La riapertura, avvenuta nel mese di agosto, della centrale di Sendai (Kagoshima) nella regione del Kyushu, fa discutere non solo perché rappresenta il ritorno al nucleare dopo quattro anni di stop, ma anche perché la centrale in questione si trova nelle vicinanze di uno dei vulcani più attivi al mondo. Il vulcano Sakurajima si trova, infatti, a soli 50 Km dalla centrale ed è caratterizzato da un’attività molto persistente. Inoltre, sono 14 i vulcani attivi presenti nel raggio di 160 Km dai reattori.

 

2015090902L’agenzia che vigila sul nucleare in Giappone, la “Nuclear Regulation Authority”, sostiene che il vulcano non costituisce una minaccia per i reattori perchè la probabilità di un’eruzione considerevole nel periodo di vita della centrale di Sendai è ritenuta molto bassa: inoltre, dopo Fukushima, le regole sulla sicurezza sono diventate molto stringenti.

 

Nonostante il Giappone abbia sperimentato più volte i danni causati dal nucleare, il primo ministro Abe, su pressione dalle potenti lobby dei produttori di energia nucleare, degli alti costi di importazione di combustibili fossili e dalle limitazioni nelle emissioni di anidride carbonica, non “vede altra soluzione se non proseguire su questa strada” (cit. fonti ministeriali), lasciando in secondo piano le potenzialità che uno studio e un investimento maggiore sulle energie rinnovabili potrebbero rappresentare.


  1. I rischi del nucleare e la crescita economica in Giappone

In noi tutti e` ancora vivo il ricordo dell’incidente nucleare del marzo 2011, eppure solo 12 anni prima, nel settembre del 1999, il Giappone aveva dovuto affrontare un’altra tragedia causata dalla produzione di energia nucleare: l’incidente di Takaimura, all’epoca gia` registrato tra i più gravi mai accaduti nella storia ed il più grave mai avuto in Giappone.

Quando si parla dei rischi legati alla produzione di energia nucleare vale la pena ricordare quanto è successo.

Il luogo dell’incidente non era un vero e proprio reattore, trattandosi invece di una piccola fabbrica di combustibile, per cui il livello di sicurezza adottato era molto basso e non c’era un piano di evacuazione.

L’incidente fu causato da un errore umano: gli operai introdussero 16 Kg di uranio esaurito, superando di gran lunga i limiti imposti dal ministero, e ciò innescò una reazione a catena che portò ad una forte emissione di raggi gamma e si rese necessaria l’evacuazione immediata di quasi 300 mila persone.

Tre operai, dopo alcune ore, rientrarono nell’impianto per cercare di spegnere la reazione nucleare: la quantità di radiazioni che assorbirono fu enorme, e due su tre morirono di li` a poco.

Ciò che forse in questa storia è ancor più agghiacciante ed impressionante sono i giorni di vita trascorsi dopo l’incidente per le tre vittime, all’ospedale dell’università di Tokyo: il corpo di Hisashi Ouchi, il più giovane degli operai (aveva 35 anni al momento dell’incidente) era praticamente privo di vita gia` dopo pochi istanti dopo l’esposizione alle radiazioni; i cromosomi alterati; la pelle annerita; gli organi interni distrutti, tenuto in vita artificialmente.

Nonostante il Giappone abbia sperimentato più volte i danni causati dal nucleare, il governo pare ancora incapace di divincolarsi dalle logiche politiche ed economiche e costretto a ripercorrere una strada che fino ad oggi si e` dimostrata tutt’altro che sicura per la popolazione, non solo quella giapponese.

(Silvia Z.)