Molti economisti sostengono che ci sia instabilità nel sistema economico del Giappone: il paese, infatti, viene ancora percepito come un paese ricco ma che vive un malessere economico di lungo corso, senza crescita, in deflazione e tormentato dal problema del calo della popolazione.
Ma è davvero così?
Secondo un altro punto di vista (quello di David Pilling ad esempio, corrispondente in Giappone del Financial Times), la deflazione e la bassa crescita demografica hanno invece contribuito al benessere della popolazione giapponese nonostante un prodotto interno lordo nominale indebolito negli ultimi venti anni: il reddito pro capite reale è molto maggiore di quanto registrato dagli indicatori e anche la qualità dei servizi e il livello tecnologico hanno inciso positivamente sugli standard di vita.
Dhaval Joshi, della BCA, afferma che “in Giappone la disuguaglianza di reddito non è aumentata, a differenza delle altre importanti economie mondiali, rimanendo quindi tra le più basse del mondo. La crescita del PIL reale pro capite del paese ha sovraperformato ogni altra economia mondiale” (come facilmente osservabile dal grafico).
Tuttavia, la stessa BCA evidenzia dei fattori negativi come la stabilità dei prezzi (i prezzi al consumo giapponesi odierni sono gli stessi di quelli del 1992) e i profitti nel settore finanziario, meno della metà del loro livello massimo nel 1990.
Ciò che in definitiva emerge è una economia certamente messa a dura prova dalle sfide odierne ma che, grazie ad una ordinata gestione politica del sistema paese, ad una politica monetaria coerente, e soprattutto ad un aumento della produttività come arma per compensare il calo demografico, resta non soltanto tra le più stabili al mondo, ma anzi ha saputo aumentare la ricchezza pro capite proprio negli anni in cui le altre economie avanzate (l’Italia in primis) l’hanno vista irrimediabilmente compromessa.
R.D.
Fonte: Financial Times.