In seguito al disastro nucleare del 2011 l’economia di Fukushima fa fatica a risollevarsi: i prodotti provenienti da quella zona sono sottoposti, oltre che ai rigidi controlli sanitari, anche al continuo sospetto dell’opinione pubblica, che resta piuttosto diffidente per paura della possibile contaminazione radioattiva.
Diversi paesi (tra cui l’Italia) richiedono per l’importazione di prodotti provenienti da Fukushima una documentazione aggiuntiva o particolari requisiti, nonostante dal 2015 ad oggi, ad esempio, non siano state mai evidenziate radiazioni oltre il livello di sicurezza in nessun tipo di prodotto locale.
I produttori agricoli, nonostante la situazione lasci poco spazio alla speranza, non si arrendono e piuttosto mostrano costantemente il loro impegno affinchè vi sia una ripresa dell’economia .
Un ruolo primario in questo contesto difficile spetta ad una bevanda tipicamente giapponese che negli ultimi anni, con il mutare dei gusti dei consumatori, ha risentito di una diminuzione dei consumi: ci stiamo riferendo al sakè, che mentre registra un calo della domanda interna, è invece protagonista di un aumento delle esportazioni .
Numerosi produttori di sakè di Fukushima, in seguito a un lungo periodo di ricerche, al fine di creare un prodotto contraddistinto dall’alta qualità, negli ultimi cinque anni hanno ottenuto molti riconoscimenti sia in Giappone che fuori dal territorio nazionale, con un sostanzioso aumento delle esportazioni di sakè dal 2012 ad oggi.
La speranza è che l’utilizzo di riso e acqua locali per la produzione del sakè, ritenuto un ‘eccellenza a livello mondiale, serva ad infondere maggiore sicurezza nei consumatori.
R.D.