A novembre di ogni anno Karatsu, nella prefettura di Saga, viene letteralmente invasa da migliaia di visitatori provenienti da ogni parte del Giappone che vogliono assistere a uno dei festival più importanti del Kyushu, il “Karatsu Kunchi”.
Fortunata di trovarmi a Fukuoka proprio in questo periodo, non mi sono lasciata scappare l’occasione di poter sentire da vicino l’amore per le tradizioni locali che i giapponesi manifestano durante questi eventi.
Il treno della linea Kuko da Hakata a Karatsu segue la costa e soprattutto nella parte finale del tragitto, complice anche la splendida giornata di sole, mi ha regalato paesaggi e scorci suggestivi che hanno ricompensato gli 80 minuti che ho impiegato per arrivare.
Giunta a destinazione, ad accogliermi ho trovato una scena piuttosto insolita rispetto a quello a cui il Giappone mi aveva abituata fino ad allora: una stazione affollatissima con un gran numero di addetti impegnati a smistare i turisti in file più o meno ordinate, persone impazienti di guadagnare l’uscita e soprattutto un gran baccano.
É moltissima la gente a transitare nelle varie stazioni all’ora di punta ma di solito tutto avviene in modo fluido, senza particolari intoppi e a volumi molto ridotti.
Dalla confusione e dal fermento alla stazione di Karatsu ho capito subito che qualcosa sarebbe cominciato presto e anche io ho iniziato a sentirmi un po’ emozionata.
E infatti le persone erano già assembrate lungo le strade in attesa della parata degli hikiyama, carri giganti in legno laccato e decorati con foglia d’oro o d’argento.
Alti oltre 6 metri e pesanti anche 3 tonnellate, rappresentano leoni, delfini, elmi di samurai, dentici, draghi volanti chiamati hiryo e altre figure mitologiche, veri e propri capolavori realizzati in periodo Edo e che sono sopravvissuti fino a oggi.
Ogni carro viene trasportato per le vie della città dai rappresentanti degli abitanti dei 14 quartieri in cui Karatsu era tradizionalmente divisa al grido di “En-ya! En-ya! En-ya!” e accompagnato dalla musica di tamburi e flauti. Mentre guardavo affascinata quello spettacolo, il pubblico partecipava ai cori e incitava i team di ogni carro, facendo sentire il loro sostegno per quella impresa tanto faticosa.
Non ho visto però stanchezza sui volti dei partecipanti ma solo grande energia, coinvolgimento e passione.
Seguendo la coda del corteo, ho raggiunto il Karatsu Jinjya, il tempio shintoista dove i carri vengono convervati per il resto dell’anno.
La via che porta al tempio era piena di stand gastronomici e di piccole attrazioni per bambini, come la pesca dei pesciolini rossi o tiro al bersaglio a premi, e anche qui ho potuto sentire il calore di tutte quelle famiglie, coppiette e gruppi di amici che si stavano godendo una giornata in compagnia mangiando buon cibo e rendendo omaggio alla propria città.
Ho deciso di fare un salto anche al castello di Karatsu dato che si trova a soli 10 minuti di cammino dal tempio.
Benchè non rimanga nulla dell’originale perchè ricostruito interamente negli anni ‘60 per promuovere il turismo locale, la vista offerta dal castello che sorge a picco sul mare è spettacolare.
Camminando nel parco che conduce all’edificio centrale ho potuto osservare la baia di Karatsu e le piccole isole che la popolano da diverse angolazioni, il che non ha fatto altro che rendere ancora più piacevole la mia visita in questa cittadina.
Non mi sono stupita quando, una volta tornata a casa la sera, ho letto che il Karatsu Kunchi fa parte delle proprietà culturali non tangibili del Giappone, ovvero quell’insieme di usi, costumi, eventi annuali ecc. che sono stati tramandati di generazione in generazione nella vita quotidiana della gente e che sono giudicati come un patrimonio prezioso dallo Stato.
Chiara Bronzini