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Il colosso giapponese Dentsu sotto indagine per l’ennesimo caso di “karoshi”

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Torniamo ad occuparci nuovamente di “karoshi” (morte per eccesso di lavoro).

Si tratta di un tema molto caldo in Giappone e il Governo appare intenzionato ad affrontarlo senza sconti, neppure se si tratta di una delle più grandi aziende di pubblicità come Dentsu.

L’azienda si ritrova, infatti, a fare i conti con il Ministero del Lavoro, che ha inviato in sede un team di funzionari dell’ufficio del lavoro di Tokyo per appurare le condizioni di lavoro e le quantità di ore lavorate dagli impiegati.

Il suicidio (riconosciuto nel mese scorso come l’ennesimo caso di “karoshi”) di una dipendente ventiquattrenne della Dentsu, Matsuri Takahashi, risalente allo scorso dicembre, è stata la causa principale dell’ispezione nell’azienda che, da quanto ha dichiarato, sembra stia cooperando con i funzionari.

Takahashi era entrata a far parte della Dentsu nell’aprile 2015, dopo essersi laureata presso l’Università di Tokyo. Nel mese di ottobre dello stesso anno si era ritrovata con un carico di lavoro molto pesante, arrivando a svolgere oltre 100 ore di straordinario al mese.

La giovane donna, gravata dagli orari di lavoro insostenibli (come lei stessa dichiarava sui social network, lamentando di dover andare a lavorare ancora una volta di sabato e di domenica) ha preso la tragica decisione di suicidarsi il giorno 25 dicembre, gettandosi dal dormitorio aziendale.

La stessa Dentsu, nel 1991, assistette al suicidio di un altro suo dipendente di 24 anni, anche in quel caso attribuito all’eccesso di lavoro, come stabilito dalla Corte Suprema nel 2000 (che riconobbe la società come responsabile della morte).

Yukimi Takahashi, madre della giovane suicida, nel corso di una conferenza stampa, affranta dalla morte della figlia, ha espresso l’auspicio che il Governo svolga un lavoro di supervisione molto severo sulle aziende affinchè non si verifichino altri casi simili.

R.D.

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