È sufficiente camminare per le strade di una qualunque città giapponese per rendersi conto di due caratteristiche demografiche del paese: la bassa percentuale di stranieri presenti rispetto alla popolazione giapponese e l’età avanzata di molte persone.
Vivendo a Fukuoka, principale citta` del Kyushu, a sud del Giappone, ho potuto notare come questi due aspetti siano molto marcati: vedere volti dai lineamenti occidentali è raro (qualche coreano o cinese che visita la città da turista per qualche giorno è già più comune, mentre è praticamente impossibile trovare persone che provengano da Africa o Medio Oriente).
I dati e le statistiche, infatti, confermano che la percentuale di stranieri è molto bassa.
L’assenza quasi totale di immigrazione in entrata in Giappone mi ha stupito parecchio.
In Italia, oramai sempre più in tutta Europa, il problema dell’immigrazione dai paesi africani e non solo è al centro del dibattito politico; in seguito ai trascorsi degli ultimi mesi si è infiammato sempre di più, divenendo una vera propria emergenza da affrontare al più presto.
Oggigiorno molti sono gli immigrati residenti in Italia, anche da lungo tempo, e in tutte le città italiane, da nord a sud, la presenza di stranieri è considerevole. La posizione geografica dell’Italia, infatti, la rende la prima porta d’accesso verso l’Europa per tutti coloro che sono in fuga nell’area del Mediterraneo da guerre o condizioni economiche disagiate.
In Giappone la situazione è completamente diversa: probabilmente grazie alla posizione geografica e al fatto di essere un arcipelago, è da sempre rimasto isolato dal resto del mondo e ha ostacolato l’ingresso di cittadini stranieri che volessero fermarsi nel paese a lungo.
Da qualche anno, però, il dibattito sul tema dell’immigrazione si è animato anche nel paese del Sol Levante per ragioni molto diverse da quelle occidentali.
I problemi che il Giappone dovrà affrontare nei prossimi anni, e per i quali sta cercando delle soluzioni, riguardano la crisi demografica: il governo stima che per il 2060 la popolazione diminuirà da 127 milioni di abitanti a 87 milioni, di cui il 40 % avranno più di 65 anni.
Inoltre, le politiche molto restrittive sull’immigrazione degli scorsi anni hanno fatto si che la popolazione sia estremamente omogenea; si calcola che vivano in Giappone solo il 2% di stranieri e la maggior parte di questi siano coreani rimasti in Giappone in seguito alla seconda guerra mondiale.
Da circa un decennio si discute sulla possibilità di rendere meno rigide le regole dell’immigrazione e favorire l’ingresso di stranieri nel paese.
Il dibattito fu aperto dal Ministro della Giustizia Hidenori Sakanaka, che già nel 2004 vedeva nei migranti la possibilità di creare forza lavoro e far crescere il tasso di natalità in Giappone.
Sakanaka sosteneva, infatti, che gli investitori non porteranno risorse a lungo termine in un paese in cui la fascia dei lavoratori-consumatori si assottiglierà sempre di più; le conseguenze sull’economia dei prossimi anni non possono essere che tragiche.
D’altra parte Abe, e con lui la maggior parte dei Giapponesi, si sono dichiarati da sempre contrari alle politiche a favore dell’immigrazione, nonostante siano a conoscenza dei problemi demografici che il Giappone dovrà risolvere.
La paura è che l’immigrazione porti con se` la crescita del tasso di criminalità e la perdita di posti di lavoro. Le uniche aperture concesse dal governo Abe riguardano il prolungamento da tre a cinque anni del visto per coloro che sono impiegati nei così detti low-wage jobs, e la possibilità di vivere in Giappone per lavoratori altamente qualificati.
È di martedì la notizia, infatti, che il Giappone ha aumentato il numero di stranieri con elevate credenziali accademiche e professionali: per loro la strada verso il Giappone è spianata e le frontiere sono completamente aperte.
Certo è che, tralasciando questioni di carattere umanitario e morale legate all’immigrazione, che non fanno parte per l’appunto del dibattito giapponese per il momento, il problema della mancanza di forza lavoro comincia a farsi sentire e le prospettive demografiche non sono incoraggianti per la crescita economica.
Se il Giappone non permetterà l’accesso a lavoratori stranieri, probabilmente nel corso di qualche hanno vedrà la produzione decrescere drasticamente.
(Silvia Z.)