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ENCHI FUMIKO VENDETTA E RESTAURAZIONE DEL POTERE MATRIARCALE

Il tema della vendetta è molto caro alla cultura e alla tradizione letterario-artistica giapponese sin dai tempi più antichi. Quando si parla di vendetta in ambito giapponese ci si può ritrovare subito a pensare a storie reali come quella dei Quarantasette rōnin, dei samurai che decisero di vendicare la morte del loro signore a costo della loro stessa vita, o a leggende e storie inventate come quella di O-Iwa, avvelenata dal marito infedele, e della dama Rokujō, una delle tante amanti di Genji nell’omonimo capolavoro Genji monogatari.
Anche se nella cultura giapponese gli onryō possono essere di ambo i sessi, i più comuni e famosi sono senza dubbio quelli di donne, ovvero spiriti vendicativi che si scagliano contro mariti e amanti infedeli. Notiamo fin da subito una sostanziale differenza: se la vendetta degli uomini (onryō o meno) è dovuta a quello che potremmo definire il giri, senso di obbedienza, dovere e abnegazione che può arrivare sino al sacrificio, quella delle donne è legata al ninjō, ai sentimenti e alle passioni. La vendetta maschile resta nell’ambito pubblico, comunitario ed è espressione di un dovere o di un senso dell’onore comune. Quella delle donne è invece collegata all’ambito privato e personale.
Dunque l’immagine della donna che, folle di gelosia, si vendica dell’amante o del marito è un tòpos letterario e come tale è presente anche all’interno della joryūbungaku, la letteratura femminile, e non da meno, lo è anche nelle opere di Enchi Fumiko. Ciò che contraddistingue però le sue opere è il significato più profondo e universale che tale vendetta assume. Per l’autrice la vendetta da privata diventa comunitaria, si sgancia dalla morale e il riscatto a cui essa mira non è quello della singola donna tradita, ma di tutto il genere femminile, è la rivincita del sistema matriarcale su quello patriarcale. Per comprendere al meglio questo concetto e notare come esso si sia evoluto all’interno della produzione di Enchi Fumiko, è sufficiente analizzare e mettere a confronto le vendette di due delle protagoniste più famose dell’autrice: Tomo (Il sentiero nell’ombra) e Mieko (Maschere di donna).
Tomo, dopo una lunga vita di sofferenza, considerata ormai dal marito semplicemente come l’amministratrice della casa, si vendica con la sua stessa morte. In vita non era mai stata in grado si separarsi dal marito, di rinunciare al suo ruolo di moglie legittima, anche per amore dei suoi figli, ma in punto di morte fa sapere la sua ultima sconcertante volontà: <<  […] quando sarò morta non dovrà assolutamente farmi il funerale. È più che sufficiente che faccia portare la mia salma in mare aperto, e la faccia scaraventare in acqua… >>  1. Il rifiuto del funerale, assume quì il valore del divorzio che mai aveva avuto il coraggio di attuare in vita. La sua vendetta è da definirsi però incompiuta poiché giunge troppo tardi e lei non potrà mai vederne i risultati. La destabilizzazione del sistema patriarcale a cui essa mira è anch’essa imperfetta. Con la sua morte infatti si sfalda tutto il sistema che il marito aveva eretto durante quei lunghi anni, basato sulla sottomissione delle donne e l’assegnazione a esse di ruoli precisi (moglie, concubina, amante, governante ecc.). Con la scomparsa di Tomo viene meno la figura che permetteva il suo perfetto funzionamento, ma, al tempo stesso, essa non lascia una soluzione al problema dal momento che non ristabilisce in nessun modo il sistema matriarcale. La sua vendetta, dunque, proprio come un cadavere, è sterile.
Vendetta che, invece, porta a compimento il ribaltamento dell’ordine gerarchico è quella di Mieko. Il suo piano di rivalsa contro il marito infedele è meditato e scrupolosamente portato avanti nel corso degli anni e richiede dei costi molti elevati. Esso inizia con la messa al mondo da parte di Mieko di due figli illegittimi, e si conclude con la nascita di suo nipote, futuro capo famiglia che però ha solo il suo sangue nelle vene. Quel bambino, maschio, rappresenta il futuro della famiglia, ma verrà allevato da lei, primo di una nuova generazione, speranza in un futuro diverso.
A partire dal corpo morto di Tomo fino al corpo materno che porta alla nascita del nipote di Mieko, quello che si può notare è un procedimento di ascesa che dalla morte porta alla vita e che è accompagnato da una rivalsa più piena del potere matriarcale in Maschere di donna. La vendetta di Mieko infatti si compie e rappresenta la rivalsa del potere matriarcale, la vendetta delle donne intrappolate nella società fallocentrica. Essa è dunque giusta, ma non per questo morale dato che è stata possibile solo grazie al sacrificio della vita della figlia di Mieko, morta dando alla luce l’erede tanto atteso. Per l’autrice dunque, tale riscatto è possibile solo a costo di un sacrificio tanto grande quanto può esserlo quello della vita di un figlio?

1 ENCHI FUMIKO, Il sentiero nell’ombra, pag. 199

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