Shibuya: il primo certificato che riconosce le unioni tra persone dello stesso sesso

A partire dal 28 ottobre a Shibuya, uno dei 23 quartieri speciali di Tokyo, è possibile presentare richiesta per ottenere il certificato che riconosce l’unione tra persone dello stesso sesso come “equivalente al matrimonio”.

L’ordinanza, unica nel suo genere in Giappone, ha lo scopo di incoraggiare il supporto da parte della pubblica amministrazione delle minoranze sessuali presenti nel Paese.

Le prime a fare domanda sono state Masuhara Hiroko e Higashi Koyuki, insieme fondatrici della compagnia Trois Coulers impegnata dal 2013 in iniziative contro le discriminazioni sessuali.

Le due si sono sposate nel marzo del 2013 a Tokyo Disney Resort, evento che aveva catalizzato l’attenzione dei media visto che entrambe indossavano il classico vestito bianco da sposa e avevano posato per le foto di rito con Topolino.

Le unioni omosessuali non sono però riconosciute in Giappone come una unità familiare a livello legale. Per esempio quando Koyuki si è ammalata, Hiroko non ha potuto ritirare le medicine dall’ospedale per lei perchè non avevano lo stesso cognome.

Ancora, al momento di prendere in affitto un appartamento l’agente immobiliare aveva chiesto loro gentilmente di modificare il modulo inserendo “amica” al posto di “moglie” in quanto il proprietario non era farovele alle unioni tra persone dello stesso sesso.

“Sono felice perchè finalmente veniamo accettate e riconosciute”, ha commentato Koyuki mentre Hiroko ha aggiunto “Circa il 7.6% dei giapponesi fa parte di minoranze sessuali.

Speriamo che il nostro gesto (fare domanda per ottenere il certificato) possa aiutare a far conoscere quella parte di popolazione di cui così poco si parla”.

La coppia ha speso circa 18.000 yen (circa 135 euro) per i documenti necessari a fare domanda e ora anche il quartiere di Setagawa ha annunciato che metterà in atto un provvedimento similie.

Entrambi i quartieri mirano così ad allargare la comprensione della realtà delle minoranze da parte della società.

Chiara Bronzini