L’ antica cultura del gruppo nel moderno Giappone

Fino agli ultimi decenni del diciannovesimo secolo il Giappone era amministrato da una vera e propria casta burocratica-guerriera, che in parte ha esercitato il suo influsso fino al termine della Seconda Guerra Mondiale.

Guerrieri da una parte, burocrati dall’ altra hanno dato vita ad uno dei piu’ complessi ed efficienti sistemi amministrativi che il mondo abbia mai visto.

Una tale invasiva presenza nelle vite dei giapponesi ha inevitabilmente esercitato una fortissima influenza sulla psicologia dei singoli individui e dei gruppi sociali, economici e giuridici da allora formatisi.

In particolare, tenuto in debito conto il contesto storico di riferimento radicalmente cambiato, gli ambiti della vita sociale nei quali meglio si e` condensata l’ eredita` di una tale struttura gerarchica-autoritaria sono proprio le imprese e le istituzioni. Dunque molto puo’ comprendersi sulla struttura e sul comportamento delle moderne aziende giapponesi piuttostoche` delle istituzioni politiche, amministrative e persino scolastiche comparando le stesse ad organizzazioni militari e burocratiche.

Gli stessi elementi che caratterizzano queste ultime – ordine gerarchico, procedure codificate, disciplina, corporativismo – possono essere chiaramente individuate all’ interno di qualunque compagine aziendale o istituzionale moderna, in grado di determinare di conseguenza una psicologia e un comportamento nei singoli individui totalmente allineato a tali valori.

La cultura del “gruppo” e` costantemente ricercata ed incoraggiata, cosi come ogni altro atteggiamento in grado di rafforzare la coesione interna e la compattezza attorno ai valori e alla mission aziendale o politica.

Il radicamento al gruppo di appartenenza, che nella grande maggioranza dei casi non e` avvertito come opprimente ma al contrario come la radice della propria identita`, ha agevolato il forte sviluppo economico del paese, fornendo quella compattezza tra politica, impresa e finanza necessaria a sostenere le intense pressioni alla base di uno sviluppo rapido e sconvolgente come quello che ha investito il Giappone dal dopoguerra agli anni Ottanta.

Non solo punti di forza, pero`: una tale dinamica di identificazione forzata, dalla quale e` impossibile discostarsi e per la quale e` illogica la presenza di personalita` autonome distaccate dal gruppo, presenta i germi di una debolezza intrinseca che, soprattutto nei momenti di crisi generale, non tardano a manifestarsi, a volte con particolare vistosita`.

Non soltanto un gruppo totalmente omogeneo e centrato su valori cardine in contrasto con quella che in Occidente chiameremmo “dialettica” non e` in grado di assicurare tempestive prese di posizione e rapide decisioni in momenti concitati, ma addirittura e` la stessa possibilita` di interazione tra gruppi diversi ad essere particolarmente difficile, laddove non vi siano “vision” fortemente simili. Gran parte di questa incapacita’ proviene dalla riluttanza di responsabili e collaboratori ad assumersi responsabilita’ personali (dunque non “di gruppo)” su questioni dove altri potrebbero essere contrari oppure su questioni che non assicurano esiti certi e prevedibili, in grado cioe` di portare potenzialmente imbarazzo o insuccesso, distaccando la persona singola dal gruppo e rendendolo pertanto facilmente identificabile come capro espiatorio in caso di difficolta` o di insuccesso.

Alle volte un modo utilizzato per sbloccare il gruppo e’ fornire una sorta di “pressione dall’ esterno”: tale pressione, quando verosimile e in grado di presentarsi come alibi per gli individui, o per il gruppo in generale in caso di critiche o insuccessi, non solo e` ampiamente tollerato, ma addirittura regolarmente utilizzato soprattutto negli affari e in politica, senza remore particolari o imbarazzi nei confronti della pubblica opinione, in quanto fenomeno generalmente condiviso ad ogni livello sociale ed elemento radicato nella stessa cultura giapponese.

(R.D.)