Il Giappone e il traffico d’avorio

L’avorio è al centro di un commercio, molto spesso illegale, che mette in serio pericolo diverse specie animali, come ad esempio l’elefante o l’ippopotamo.

Un tempo le zanne di avorio costituivano una delle principali merci di scambio tra diverse popolazioni ma oggi il loro commercio a livello internazionale è sottoposto a seri controlli e limitazioni grazie ad un attento monitoraggio della CITES (Convenzione sul Commercio Internazionale di specie in pericolo della flora e della fauna selvatica).
La Convenzione nel 2016 chiese a tutti i firmatari di chiudere i mercati interni dell’avorio per porre fine alla carneficina degli elefanti.
Nonostante questo, il Giappone lasciò comunque aperto il mercato dell’avorio, sostenendo che i prodotti commercializzati nel territorio nazionale fossero stati importati prima dell’entrata in vigore delle normative internazionali.

Tra il 2011 e il 2016 si sono contate esportazioni di oltre 2 tonnellate di avorio dal Giappone alla Cina.
In considerazione di ciò, il WWF, nota organizzazione mondiale per la conservazione della natura, degli habitat e delle specie in pericolo di estinzione, ha recentemente sollecitato il Giappone (attraverso una richiesta scritta) affinchè vieti, entro il 2020, l’intero commercio di avorio nel paese.
Tuttavia, il Ministero dell’Ambiente si è limitato a rendersi disponibile (cooperando con agenti doganali e polizia) a partecipare attivamente per bloccare il contrabbando di avorio.

Secondo il WWF il grande afflusso di turisti previsti in Giappone per i Giochi Olimpici 2020 sarà causa di una maggiore esportazione illegale di avorio, e per questo motivo ha richiesto al governo giapponese di vietarne la vendita anche online.
Il Giappone sembra, in generale, non curarsi troppo del problema: ciò si può facilmente evincere dalle poche misure adottate nonostante i vari solleciti a livello internazionale.
Lo scorso anno, ad esempio, si limitò, al fine di monitorare maggiormente il mercato, a richiedere ai commercianti di avorio di registrarsi presso il governo senza adottare nessun’altra misura preventiva.

R.D.