Firmare con un timbro in Giappone: l`hanko

In Giappone, al contrario di quanto avviene in altri paesi, e` pratica comune utilizzare degli speciali timbri, detti “hanko”(判子) al posto della classica firma da apporre su documenti in banca, uffici, comuni etc.

L`istituzionalizzazione di questa pratica viene fatta risalire al periodo Meiji (1868-1912), quando venne imposto per legge l`utilizzo dell`hanko, prima riservato solamente ai nobili e ai samurai.

Oggi il suo utilizzo viene richiesto soprattutto per la firma di documenti importanti: ad esempio, inerenti a testamento, matrimoni e registro delle nascite. Negli altri casi e` possibile scegliere tra l`utilizzo dell`hanko o la semplice firma, anche se il primo resta il metodo piu`utilizzato.

Ci sono due tipologie principali di hanko: fatti su misura, oppure preconfezionati.
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Gli hanko fatti su misura vengono detti “Jitsuin”(実印), che significa “timbro autentico”. In genere tendono ad essere molto costosi e devono essere registrati al municipio o altri uffici governativi locali, che stabiliscono anche il tipo di materiale, la forma e le dimensioni da utilizzare per il proprio timbro.

Questo tipo di hanko viene utilizzato per la firma di documenti e contratti importanti e non viene consentito l`utilizzo di materiali in gomma, in quanto si danneggia facilmente e il timbro puo’ risultare diverso da quello registrato.

Spesso, al momento della firma tramite jitsuin, viene richiesto un certificato che ne dimostri l`autenticita’.

Gli hanko preconfezionati invece, vengono chiamati “mitome-in”(認印), che significa “timbro personale”. Essi vengono utilizzati in situazioni piu’ informali, ad esempio, le consegne a domicilio e non necessitano di registrazione.

Li si puo’ acquistare ovunque, persino nei negozi che vendono tutto a 100 yen e vengono fabbricati con i materiali meno costosi, compresa la gomma.

La scelta delle dimensioni e font puo’ variare a seconda del genere.

Le donne infatti, tendono ad utilizzare hanko dalle dimensioni piu’ contenute rispetto agli uomini e a preferire font considerati piu’ femminili.

Irene Begni