Fare affari in Giappone: mini-scheda per l’approccio al mercato giapponese

Il Giappone rappresenta, in termini di PIL, il terzo paese al mondo con una popolazione doppia rispetto a quella dell’Italia e un territorio con estensione paragonabile a quello della Germania.

Il suo sistema economico continua a rimanere tra i più solidi e sviluppati, con un mercato di 127 milioni di consumatori ed un elevato PIL pro capite.

Il governo Abe sta inoltre promuovendo una politica della crescita volta a sbloccare il paese da un periodo di stagnazione economica che persiste ormai da anni.

Quindi, per la sua ricchezza e per le dimensioni del suo mercato, stuzzica facilmente l’interesse di operatori economici da tutte le parti del mondo.

Si è consolidato nell’arco di un ventennio un profondo interesse verso l’Italia e, soprattutto, verso i prodotti italiani.

Tale attrazione è sicuramente data dall’elevato tenore di vita della popolazione e, quindi, viene da sè che la produzione italiana ad alto livello di specializzazione trovi un mercato maturo e altamente ricettivo.

Ciò potrebbe incentivare l’accesso anche da parte di piccole e medie imprese specializzate nella produzione di beni di elevata qualità, molto apprezzati dal consumatore locale.

La sua distanza culturale dall’Occidente e la convinzione dell’esistenza di profonde differenze nella concezione delle cose e nella conduzione degli affari possono disincentivare un imprenditore straniero.

Questi timori sono in parte fondati: la pubblica amministrazione, la cultura commerciale, il sistema giuridico, i consumatori presentano evidenti differenze con i corrispettivi italiani, senza dimenticarci della lingua e della distanza geografica che costituiscono ulteriori ostacoli non trascurabili.

Tuttavia questo Paese non deve spaventare chi vi voglia investire.

Un serio e ben programmato approccio sarà sicuramente un ottimo punto di partenza.

Una sufficiente conoscenza della cultura giapponese, delle dinamiche sociali e delle sue leggi sono certamente elementi imprescindibili per superare gli ostacoli che nascono dalle differenze e renderli occasioni imprenditoriali.

Aggiungerei un altro elemento che spesso viene trascurato: la lingua giapponese.

In molti casi si presume che una buona conoscenza dell’inglese sia sufficiente a colmare le barriere linguistiche.

Purtroppo in Giappone la lingua inglese è ancora oggi poco conosciuta ed è molto difficile, anche in contesti lavorativi di primo piano, trovare qualcuno che lo parli.

Si consiglia, quindi, nel caso si voglia avere rapporti commerciali con il Giappone di munirsi di un personale che abbia una qualche dimestichezza con la lingua giapponese.

Nonostante la distanza geografica e le differenze culturale, Italia e Giappone presentano caratteristiche simili e si trovano ad affrontare complessi problemi comuni, come l‘approvvigionamento energetico, le calamità naturali, la conservazione dell’ambiente e l’invecchiamento della popolazione.

Si aprono quindi interessanti opportunità di cooperazione in settori innovativi come le energie rinnovabili, le nano e biotecnologie, la robotica e i prodotti chimici e farmaceutici.

Benchè si trovino ancora barriere economiche e non strettamente economiche all’ingresso nel Paese di prevalenza protezionistico, l’ordinamento giuridico non prevede limitazioni o discriminazioni di legge nei confronti degli imprenditori stranieri, fatta eccezione per alcuni particolari settori di interesse nazionale.

Non bisogna altresì dimenticare come all’ordinamento giuridico in Giappone si accompagni un codice di regole non scritte che disciplinano molte delle relazioni commerciali che garantiscono rapporti solidi e duraturi, offrendo cosi prospettive di crescita a lungo termine una volta instaurati.

POLITICA

La pronunciata instabilità governativa presente in Giappone evidenzia il ruolo tradizionalmente preponderante dell’elite dei burocrati che, soprattutto all’interno di alcuni Ministeri come quello dell’Economia e del Commercio, hanno dettato le linee guida che hannno indirizzato il Giappone ai vertici dell’economia mondiale.

La dirigenza amministrativa occupa nel Paese un posto privilegiato, anche se negli ultimi anni, le imprese si stanno sempre più emancipando da questa tutela grazie, ad esempio, alla loro crescente internazionalizzazione.

Il Partito Democratico Giapponese (DPJ), che aveva fatto del ridimensionamento della burocrazia un punto cardine del proprio programma politico, non è riuscito ad introdurre alcun sostanziale cambiamento nelle gerarchie di potere consolidate, pagando il mancato rispetto del proprio manifesto elettorale con la netta sconfitta alle elezioni per il rinnovo della camera dei rapprenstanti nel dicembre 2012, che hanno riportato al governo l’LDP del Primo Ministro Abe.

L’esecutivo dispone oggi dunque di un orizzonte temporale sufficentemente ampio per affrontare problematiche complesse quali il futuro energetico del dopo fukushima, la stagnazione economica, il debito pubblico, la riforma del mercato del lavoro, l’invecchiamento della popolazione e conseguente caduta dei risparmi, le politiche in tema d’immigrazione, le relazioni con gli Usa e con la Cina.

La politica economica si trova al centro dell’agenda governativa e si basa su un massiccio pacchetto di stimoli alla crescita: incentrati sulla spesa in opera pubbliche e su un piano di riforme di carattere strutturale.

ECONOMIA

Sulla base dei dati di contabilita nazionale, nel primo trimestre del 2016 l’economia giapponese è cresciuta dell’1,9% su base annua e dello 0,5% sul trimestre precedente.

All’espansione dell’attivita economica ha contribuito la domanda privata (+0,6%), mentre le importazioni sono diminuite dello 0,4% migliorando ulteriormente il saldo della bilancia commerciale.
Tuttavia gli investimenti delle aziende hanno segnato una riduzione dello 0,7%, evidenziando le difficolta per la terza economia mondiale nell’abbandono del ciclo alternato di contrazione ed espasione che ha caratterizzato il Paese negli ultimi due decenni.

Altro dato da tenere in conto è quello del debito pubblico che avrebbe raggiunto il livello record del 246% del PIL al termine dell’anno solare 2015.

Tuttavia il governo Abe per non correre il rischio di rendere inutili gli sforzi fatti per risollevare l’economia ha deciso di rinviare l’introduzione dell’aumento dell’aliquota sui consumi dall’8% attuale al 10%, inizialmente previsto per ottobre 2015, ad ottobre 2019.

POLITICA ECONOMICA

Le ultime elezioni politiche hanno visto la netta affermazione del Liberal Democratic Party guidato da Shinzo Abe.

Con il loro programma sono determinati a ottenere una inversione di tendenza rispetto alle linee di politica economica adottate dal precedente governo, per il quale la questione del debito pubblico aveva assunto rilevanza centrale.

Nasce cosi il c.d. “Abenomics”: un programma politico incentrato sulla crescita.

Un punto molto importante di questo programma è sicuramente la conclusione di nuovi Accordi di Libero Scambio che involveranno anche l’UE in un prossimo futuro.

                                                           2014        2015        2016        2017

variazione PIL reale (%)                     -0,1            0,7            1,1            0,8

PIL pro capite a parità
di potere d’aquisto ($)
                     36.473      37.294      38.401     39.517

Dissocupazione (%)                            3,6             3,4            3,2            3,1

Debito pubblico (%PIL)                   226,1         228,4        231,2        235,8

 

IL SISTEMA FISCALE

Per qualsiasi business è di fondamentale importanza avere nozioni di base sul sistema fiscale del Paese con cui si prevede avere rapporti commerciali.

Il Giappone non è certamente un paradiso fiscale. Tuttavia, confrontando la pressione fiscale giapponese con quella di numerosi Paesi europei ed anche le dinamiche dei rapporti fra ente impositore e contribuente, si può dire che l’imposizione fiscale complessiva è sensibilmente piu leggera che nella maggior parte dei paesi europei e il rapporto tra potere impositore e contribuente è piu equilibrato e sereno rispetto a quello italiano.

Secondo le statistiche OCSE, la pressione fiscale complessiva in Giappone è infatti del 30,3% a fronte di una pressione del 43,5% presente in Italia (quinto paese in graduatoria).

La normative fiscale giapponese comprende imposte dirette sulle società a carattere nazionale, regionale e locale, e imposte indirette tra cui la principale è l’imposta sui consumi.

Il prelievo fiscale complessivo esercitato sulle imprese è dato dalla somma dell’imposta sul reddito delle societa (cd hojinzei), calcolata su base nazionale, dell’imposta di residenza societaria (cd hojin-juminzei) e dell’imposta locale sulle imprese (cd hojin-jigyozei).

L’Imposta dul Reddito dell Società , che rappresenta la voce piu consistente del gettito, è applicata con una aliquota preferenziale del 15% sulla parte di imponibile societario fino al tetto di 8 milioni di yen annui e, a partire dal 2015, con un’aliquota preferenziale del 23,9% sulla parte di imponibile superiore a 8 milione di yen annui, a condizione che il capitale societario non ecceda 100 milioni di yen.

L’aliquota standard per le società il cui capitale superi i 100 milioni di yen rimane del 23,9%.

Sull’imposta sul reddito delle società , il governo giapponese prevede ulteriori riduzioni nei prossimi anni.

L’imposizione effettiva complessiva derivante dai meccanismi di detrazione tra le varie imposte, anche a seguito delle recenti politiche volte all’investimento da parte delle imprese, rimane attorno al 35,64% del suo imponibile, con piccole variazioni a seconda di dove l’impresa abbia sede, delle sue dimensioni e del suo ambito di operatività .

Il periodo di riferimento ai fini del calcolo delle imposte, che non può eccedere i 12 mesi, concide con l’esercizio sociale stabilito dalla società nel proprio Statuto.

Nella norma l’esercizio sociale di una società giapponese inizia il 1 Aprile e termina il 31 Marzo di ogni anno.

La branch di un soggetto estero deve utilizzare lo stesso periodo d’imposta della casamadre.

La differenza principale nel sistema di tassazione di una società rispetto alla branch è l’estensione dell’ambito impositivo: la società insediata in Giappone è tassata con riguardo a tutti i redditi ovunque prodotti, mentre la branch è assoggettata a tassazione limitatamente ai redditi prodotti in Giappone.

IL CONTENZIOSO CIVILE

Il sistema giudiziario giapponese è formato da una Corte Suprema al vertice, otto Alte Corti dislocate su tutto il territorio, cinquanta Tribunali Distrettuali, cinquanta Tribunali di Famiglia e 438 Tribunali semplici.
La struttura del processo civile giapponese non presenta, formalmente, differenze fondamentali da quella del processo civile italiano: l’attore (cd genkoku) presenta una domanda, il convenuto (cd hikoku) risponde con una comparsa di risposta. Dopo una fase preliminare in cui si enucleano i punti controversi, il processo si articola in udienze scadenzate nel tempo.
E qui troviamo una delle maggiori differenze con quanto avviene in Italia, ossia, che le udienze sono tenute a distanza di poche settimane una dall’altra, e molto raramente questo lasso di tempo è superiore a due mesi.
Se il convenuto non si presenta alla prima udienza e non ha presentato una comparsa di risposta, la Corte accoglie automaticamente la domanda dell’attore. La pronuncia della sentenza chiude il processo ed è possibile presentare appello entro due settimane dalla notifica, trascorse le quali la sentenza passa in giudicato e può essere eseguita.
Altri motivi di estinzione del processo sono:

– La transazione (c.d. saibanjo-no-wakai), che può essere proposta dal giudice in ogni stato e grado del procedimento, e sarebbe un contratto tra le parti;

– La rinuncia all’azione da parte dell’attore (c.d. uttae-no-houki). Si presume la rinuncia all’azione nel caso in cui l’attore non partecipi a due udienze consecutive ad esempio;

– Il riconoscimento delle pretese dell’attore (c.d. uttae-no-shounin);

Una delle peculiarità dell’atteggiamento dei giapponesi nei confronti del diritto è la tendenza alla risoluzione delle controversie attraverso la conciliazione. Secondo i dati relativi al 2009 il 28% dei processi si è concluso con una transazione, il 40% sono terminati per inattività delle parti, ritiro della domanda etc., e solo nel 32% dei casi si è arrivati a sentenza.

Per quanto riguarda la durata dei processi, possiamo dire che il 65% circa delle controversie arriva ad una sentenza entro 6 mesi, il 15% entro 1 anno e solo nel 5% dei casi andiamo oltre i 2 anni.

IN CONCLUSIONE
Sicuramente tra i punti deboli dell’investire o fare affari in Giappone troviamo: la complessa ed elitaria burocrazia , le aliquote e le normative fiscali, una rigida normative del lavoro e le barriere linguistiche.

Nei punti di forza invece possiamo segnalare il basso livello di criminalità e corruzione, la fortissima etica del lavoro, l’alto livello d’istruzione e le eccellenti infrastrutture.

A cura di Chiara Fazzini – Copyrights: FocusGiappone.net